2015/09/18

Di Paola alla Regione: «Chiudere le Terme è come “chiudere” la Valle dei Templi»





27 marzo 2015

Chiudere le Terme di Sciacca sarebbe come chiudere la Valle dei Templi di Agrigento. È questo uno dei passaggi più accorati ma al tempo stesso maggiormente significativi della relazione che Fabrizio Di Paola ha preparato in vista dell’atteso incontro di oggi a Palermo al quale il sindaco si presenterà insieme con il presidente del Consiglio comunale Calogero Bono, non solo in veste istituzionale ma anche sulla base delle sue competenze professionali di dottore commercialista.
Relazione, quella firmata da Di Paola, non certo solo teorica ma soprattutto tecnica. Protagonisti del rapporto, infatti, sono essenzialmente i freddi numeri, quelli che d’altra parte il ragioniere generale della Regione Salvatore Sammartano e la dirigente del servizio società partecipate Grazia Terranova hanno preteso dal sindaco per potersi convincere a revocare la decisione di un mese fa di chiudere la gestione lasciando in piedi solo la liquidazione. Come se loro non conoscessero i conti di una società regionale, avendo bisogno che sia il Comune a farlo. Ma tant’è, se l’obiettivo è quello di tentarle tutte per tentare di salvare il salvabile bisogna adeguarsi.
Anche se va osservato che dopo il vertice di lunedì scorso tra Crocetta e i deputati del Pd, durante il quale il Governatore si è impegnato ufficialmente a rilanciare le Terme, si sta ripartendo in ogni caso da quello che impropriamente era stato definito “piano industriale”, vale a dire dal compito dato dai funzionari al sindaco, come dire: “vuoi la riapertura delle Terme? Dimostraci che possono lavorare senza perdere un centesimo”.
Pretesa che è sembrata soprattutto una sfida, ma che non va dimenticato giunge dopo la bellezza di cinque anni di regolari perdite d’esercizio (anche se queste sono passate dagli oltre 3 milioni del 2009 ai quasi 2 milioni del 2013), in una condizione generale paradossale, con crediti in tutto o in parte inesigibili e, al contrario, debiti regolarmente dovuti. Perdite d’esercizio in parte anche ereditate dalla incorporazione della Mediterm, che per anni aveva gestito il Grand Hotel. Pretesa, quella della Regione, che la relazione del sindaco vuole dimostrare avere le gambe d’argilla. Sì, perché ci sono costi che la Regione è costretta a sostenere anche se le Terme resteranno chiuse. E stiamo parlando, tanto per dirne una, degli 850 mila euro di costi di personale in comando, che anche se non fosse utilizzato direttamente dalle Terme inciderebbe in ogni caso sul bilancio della Regione. Così come stiamo parlando di Ici-Imu-Tasi e Tarsu (177 mila euro nel 2014) e di una miriade di altre spese (manutenzione degli impianti e personale addetto, competenze di amministratori e collegio sindacale, sicurezza, locazioni. Spese (al ragioniere generale della Regione non potrà certo sfuggire) che bisognerà effettuare in ogni caso, sia se le Terme resteranno chiuse, sia se invece si permetterà loro di funzionare regolarmente. Tanto vale tenerle aperte, anche se sembra una considerazione ovvia.
Ma tra le spese senza alternativa, ci sono anche oneri derivanti da vecchie vertenze (Cooperativa Montagnola e altri debiti che però affondano le loro radici nel passato nei confronti della Regione, del Comune per i tributi locali, dello Stato per tasse non pagate e con i fornitori) per un totale di 8 milioni e 650 mila euro.
Insomma: il sindaco fa notare che la chiusura delle Terme non porterebbe che ulteriori danni e non eliminerebbe i costi. Non solo: farebbe depauperare definitivamente un bene straordinariamente importante per la storia e l’identità ma anche per il tessuto economico. C’è pure una base di partenza: le prenotazioni già incamerate per un ammontare di 400 mila euro. Altro che salvare il salvabile, probabilmente si può andare oltre.
Non dimenticando ovviamente che i tempi fissati per il via libera al nuovo avviso per le manifestazioni d’interesse, su cui l’assessore Li Calzi aveva annunciato chissà quali effetti speciali, sono ampiamente scaduti.

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