La liquidazione della società di gestione
sta lentamente trasformandosi in una liquefazione dell’attività degli
stabilimenti termali di Acireale. Lo si evince dall’ultimo bilancio al
31.12.2011, approvato dalla Regione a luglio 2012, presentato dai due
liquidatori Margherita Ferro (dimessasi a settembre e sostituita con
Antonino Triolo) e Michele Battaglia. Rispetto all’anno precedente, il
valore delle immobilizzazioni è sceso da 34.256.159 a 33.420.680 €; il
totale attivo circolante da 18.131.657 a 10.105.192 €. Per effetto della
perdita d’esercizio, si è contratto il patrimonio netto, da 28.598.004 a
25.827.829 euro. In compenso, si è attenuato l’ammontare dei debiti
passato da 23.964.753 a 14.451.051 €; una consistente parte debitoria è
rappresentata dal mutuo con Banco di Sicilia-Unicredit per oltre 8
milioni. Fra le voci più importanti dei crediti, oltre un milione di
euro sono fatture da emettere verso i conduttori morosi dei due alberghi
ormai chiusi. Fin qui le voci principali dello stato patrimoniale. E’
dal conto economico che si evince la irrilevanza dell’operatività delle
Terme. In un anno, dal 2010 al 2011, il fatturato da prestazioni è
precipitato da 602.538 a 81.540 euro poiché l’attività è ormai ridotta
al lumicino. Anche per effetto di politiche di ammortamento, i costi di
produzione sono lievitati da 3.116.836 a 4.686.439. Tra i costi, quelli
di governance (liquidatori e sindaci) incidono per 100.00 euro, le
consulenze tecniche, legali ed amministrative per 90 mila. La “forbice”
negativa fra costi e ricavi si è ulteriormente allargata: la differenza
tra valore e costi di produzione è di poco superiore ai quattro milioni
di euro; la perdita di esercizio, tuttavia, è più contenuta, per effetto
di proventi straordinari. L’organico si è ridotto a nove unità di
personale: tre fanghini bagnini, un custode, un caldaista, un
compometrista, un addetto all’assistenza bagnanti, un inserviente, un
addetto all’accoglienza dei curandi. Nell’aprile del 2011, la Regione
Siciliana ha versato la quota di capitale sottoscritta il 19 giugno
2007, rimpinguandola di 5.125.000 euro
La vicenda delle Terme segna una
inevitabile frattura fra politica e società civile, l’una e l’altra
deboli e poco coese. E’ il profondo male di Acireale, acuitosi negli
anni un po’ per l’assenza della società civile dalle grandi questioni
cittadine, e molto per via di una politica autoreferenziale, incapace di
programmare e di volare alto, assente dalle principali interlocuzioni
extraurbane che, invece, altri territori hanno sperimentato con
successo. Aspettando tempi migliori, è il momento di avviare una seria
riflessione sul futuro delle Terme. Iniziare a pensare alle Terme 2.0,
per usare una moderna espressione, poiché il modello precedente, del
termalismo pubblico, sociale e sanitario, monolitico, dipendente dalle
sole decisioni assunte da Palermo, ormai non può più funzionare. E’ la
città che deve indicare verso dove andare, assumendosi la responsabilità
delle scelte che vorrà fare. Sembra una iattura. Ogni volta che si è
arrivati vicini ad una soluzione, è venuto fuori un problema,
puntualmente previsto prima. Nel 2010, si è scelto di liquidare la
società di gestione avviata nel 2006 e la procedura si è arenata, anche
per la qualità degli attori coinvolti. Si è scelto di liquidare la
vecchia azienda autonoma e favorirne l’inglobamento nella società di
gestione, ma sul piano della formalità giuridica la procedura non è
stata ineccepibile. Nel 2012, si è arrivati ad un passo dalla
pubblicazione del bando ed è spuntato il problema, a tutti noto, della
spada di Damocle che pende sull’ex albergo Excelsior Palace, le cui
sorti sono segnate dalla pesante esposizione debitoria verso l’ex Banco
di Sicilia. Forse, e usiamo la formula dubitativa proprio per riaprire
il dibattito, va rivista l’idea – cui si è affezionato negli anni il
Sindaco Garozzo – di mantenere l’unità del complesso immobiliare. Nel
2001, lo studio di Saturnia Service aveva previsto il cosiddetto
“spezzatino” delle Terme di Acireale, una articolazione in distinte aree
di business, ognuna rispondente a vocazioni diverse, e dunque
affidabile a soggetti diversi scelti fra il pubblico e i privati.
Quando si insediò Garozzo come commissario, quel progetto, senza uno
studio alternativo, venne accantonato e il dibattito fu incanalato nella
disputa fra fautori ed oppositori della privatizzazione. L’unità a
tutti i costi ha un suo costo sociale.
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