Sulla vicenda che riguarda le Terme, in questi ultimi giorni abbiamo pubblicato alcuni articoli forieri di riflessione e di dibattito. Oggi, riceviamo una lettera dell'ex direttore generale Alfredo Ambrosetti. E' una lettera che pubblichiamo volentieri e che ispira a guardare la storia delle terme stesse quando, in un recente passato, sono diventate elementi di propulsione non solo nell'attività istituzionale,ma anche come riferimento di in iniziative culturali e artistiche di ampio respiro.
ho letto i Tuoi due recenti articoli sulla vicenda delle Terme di Sciacca ed ho apprezzato le Tue analisi e le Tue considerazioni, e così come alcuni anni addietro Ti ho - forse con un’enfasi eccessiva (ma devi considerare i 23 anni di vita personale e professionale passati alle Terme e per le Terme) - confutato alcune posizioni, oggi riconosco che quanto scrive il Corriere di Sciacca rappresenta l’unica seria rappresentazione della realtà attuale, l’unica operazione verità che finalmente consente di far cadere il castello di bugie, imprecisioni, mistificazioni e travisamenti che da anni imbonitori di ogni risma e di ogni colore propinano su questo patrimonio cittadino.
Mi ero riproposto, anzi avevo giurato a me stesso, dopo che due amici giornalisti delle due emittenti televisive cittadine avevano ritenuto di volere ancora una volta ascoltare la mia opinione sulla attuale situazione delle Terme, di non parlare mai più di Terme, ma come vedi non me la sono sentita (forse qualche volta è bello essere incoerenti, ma solo per l’ultima volta). Capirò anche se non potrai pubblicare questo scritto per la sua lunghezza, ma io dovevo farlo, lo dovevo a me stesso ed alla mia Città.
Il primo dato che mi sento di condividere è che questo patrimonio, in realtà, interessa poco, pochissimo, come se fosse un corpo estraneo alla Città. Negli anni ottanta e novanta una gestione illuminata di vertici politici (Pasquale Mannino, il Consiglio di Amministrazione di undici galantuomini, Commissari Straordinari competenti ed appassionati), ed un grande gruppo di lavoratori, molti legittimamente stabilizzati dopo più di trenta anni di precariato, hanno ricostruito insieme un patrimonio che sembrava condannato ad essere assorbito dall’allora nascente galassia della SITAS, progettata come il nuovo gigante Golia del turismo termale che avrebbe cancellato il piccolo Davide della piccola stazione termale.
Ed invece, come spesso accade, si verificò proprio il contrario: per anni quel progetto si rivelò claudicante e le Terme invece crebbero fino a rappresentare per molto tempo l’unica offerta turistico-termale del territorio, ma soprattutto divennero il “posto” per antonomasia, dove incontrarsi, passeggiare, godere delle bellezze del rifatto parco, delle ricostruite piscine; era il momento dei concerti nella cavea, delle scuole di nuoto per bambini, del lancio dell’ex Convento San Francesco come centro di numerosi congressi internazionali e galleria espositiva, del “Punto nel Mediterraneo” che portò a Sciacca critici come Philippe Daverio, Vittorio Sgarbi, Marco Goldin, galleristi e mercanti d’arte come Tiziano Forni, scultori come Gentile, Spender, Ciulla, pittori come Mattioli, Savinio, Bagnai, il cui catalogo venne edito da Sellerio ed i cui testi furono affidati a Vincenzo Consolo e Gioacchino Lanza Tomasi.
E la mostra “Anni ottanta in Italia”, che ebbe recensioni incredibili nella stampa e nelle rivista specializzate, dopo la nostra Città fu anche a New York. E la presentazione al San Francesco del libro di Gillo Dorfles “Il Giardino Incantato”, ne vogliamo parlare?
A questo punto qualcuno potrebbe legittimamente chiedersi ma stiamo parlando di Sciacca? Di questa Sciacca? Si, certo, e dobbiamo sempre ricordarlo che quella era Sciacca, lo dobbiamo ricordare soprattutto ai giovani, ricordare loro che nella storia della propria Città c’è sempre un momento in cui qualcuno o qualcosa decide di diventare momento di progettazione, di aggregazione, di realizzazione di idee che quando nascono sembrano utopie ma che sono bellissime proprio per questo; tutto questo grazie all’Azienda delle Terme, che si affiancò al Comune, alla Provincia, alla Regione e divenne protagonista di una rinascita culturale.
Ma quale privato avrebbe fatto tutto questo? Intanto prestazioni termali e fatturati crescevano, si rifaceva il look del Grand Hotel delle Terme, si utilizzavano soldi del bilancio dell’Azienda che erano stati accantonati negli anni proprio per questo (alla metà degli anni novanta si investirono circa dodici miliardi così raccolti) per interventi sui pozzi e sulle condotte, per realizzare i Molinelli, per proteggere il bacino termale, si realizzarono brochure e cataloghi in sei lingue (giapponese compreso), si consolidarono le partecipazioni alle borse ed ai work-shop turistico-termali nazionali ed internazionali con le delegazioni regionali, si ricercarono rapporti con operatori e buyers interessati e si stipularono contratti di incoming alberghiero e termale(Germania e Norvegia).
Ad un certo punto, ed in particolare quando proprio per l’aumento dei flussi dalla Norvegia si pensò con un operatore scandinavo ad una joint venture per un volo charter da Oslo su Palermo, qualcosa (o qualcuno) cominciò a pensare che si stava esagerando: ma questi dove vogliono arrivare?
Altro che carrozzone, come un pugno di cialtroni ebbe il coraggio di dire a giustificazione della propria mediocrità, incompetenza ed incapacità anni dopo; altro che privatizzazione funzionale al rilancio che avrebbe fatto diventare la stazione termale “più bella e più superba che pria”; altro che “soggetto non strategico per lo sviluppo del territorio”, decisione con la quale cinquantanni di una parte importante di storia di una “Città Degna” e della Sicilia sono stati liquidati da Governi regionali ottusi, altro che coro unanime di consensi di politici, amministratori, sindacalisti che si affannavano a dichiarare, discettare, parlare, parlare, parlare, forse pensando che fare parte del “coro” avrebbe potuto dare loro un ruolo nel “nuovo corso”.
Ancora oggi molti di loro continuano a parlare, dimenticando di essere stati complici di questo scempio. Io non entro più alle Terme da anni, perché penso che se lo facessi rivivrei sulla mia pelle l’ultima bellissima scena di “Nuovo Cinema Paradiso”, quella che anticipa di qualche minuto la sua demolizione.
Che fare oggi? Hai ragione Tu, quando dici che non si può fare più niente, se non aspettare qualche altra geniale intuizione che partorirà la satrapia regionale.
Credo che siamo alla fine della storia, e lo dico con rabbia e sofferenza, con amarezza e dispiacere, ma ciascuno guardi dentro di sé e colga l’occasione per rimanere zitto. Se no? Se no continuerò a parlare, a confutare, a smentire menzogne, a fare la guerra sulle Terme, ma ancora più arrabbiato, perché come disse quel grande pirata olandese della Tortuga “io sono un principe libero sulla mia nave ma ho tanto diritto di fare guerra al mondo intero quanto colui che ha cento navi in mare”.
Con amicizia. Alfredo Ambrosetti
Fonte:corrieredisciacca.it
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