Mentre dal fronte delle Terme di Sciacca arrivano segnali preoccupanti di una possibile chiusura dello stabilimento, dalla Regione esplode il caso Sviluppo Italia Sicilia, la società che si è occupata direttamente della procedura di privatizzazione delle Terme di Sciacca e di Acireale, entrambe partecipate regionali. Se fosse vero l'enorme spreco di risorse, si può solo pensare che al peggio non c'è mai fine.
Dal GIORNALE DI SICILIA del 12/06/2014
In commissione Bilancio esplode il caso della
situazione economica della società partecipata e delle spese per il
personale. Quando è stata rilevata nel 2008 aveva utili a riserva per
sei milioni, l’anno scorso perdite per quasi 2 milioni
Sviluppo Italia Sicilia, società di
proprietà della Regione, ha perso l’anno scorso quasi due milioni
eppure mantiene in servizio un dirigente generale che incassa ogni anno
183 mila euro lordi. Vincenzo Paradiso è forte di un contratto che gli
garantisce anche l’uso «promiscuo», cioè per lavoro e vita privata, di
una Volkswagen Passat i cui costi di leasing sono a totale carico della
società. Un benefit che i nuovi vertici della partecipata hanno provato a
togliere scontrandosi con i vincoli contrattuali. Mentre solo in forza
della recente legge che impone un tetto da 160 mila ai dirigenti
regionali potrà essere ridotto il compenso al manager. Ma ci vorrà del
tempo, spiegano dal quartier generale di Sviluppo Italia. E così la
partecipata nata per spingere le imprese siciliane si ritrova a essere,
suo malgrado, l’immagine simbolo della denuncia che martedì la Corte dei
Conti ha fatto durante l’audizione all’Ars sugli sprechi della Regione
che mettono a rischio l’equilibrio di bilancio. Secondo il presidente
della sezione di Controllo, Maurizio Graffeo, la Regione «ha il maggior
numero di partecipate in Italia (sono 34) nonchè il primato per i costi
del personale (312 milioni di cui 225 a carico del bilancio regionale).
Ma la Corte dei Conti ha messo in guardia soprattutto sui debiti, e in
generale sui costi di gestione, che queste società stanno maturando.
Anche quelle che dovrebbero essere già chiuse: le 14 per cui è in corso
la procedura di liquidazione costano ancora ogni anno 7,3 milioni, fra
stipendi al management e ai dipendenti. Il Ciem, in liquidazione dal
2009 e senza una mission aziendale, mantiene in servizio un dirigente,
Nino Giuffrè, che incassa 194 mila euro all’anno. Ieri invece all’Ars
è esploso il caso di Sviluppo Italia. La commissione Bilancio, guidata
da Nino Dina, ha acceso i riflettori sulle partecipate, grazie anche al
pressing dei grillini. Durante l’incontro con il commissario di Sviluppo
Italia, Carmelina Volpe, e i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil sono
emersi dati che hanno allarmato la commissione. Secondo il documento
depositato, quando nel 2008 la Regione acquisì il 100% delle quote,
Sviluppo Italia aveva utili portati a riserva per 6 milioni. Ma nel 2012
la società ha fatto registrare perdite per 2,6 milioni poi ridotte a un
milione e 868 mila euro l’anno scorso. Secondo i sindacati la società
spende per il personale dipendente 3 milioni e 365 mila euro. E altri
300 mila lordi costerebbe l’unico dirigente, elevandosi molto al di
sopra dei 50 mila euro assegnati al presidente. Cifre poi corrette da
Sviluppo Italia: Paradiso costa 183 mila euro all’anno più benefit
mentre per il personale si spendono 2 milioni e 515 mila euro. I 75
dipendenti incassano 14 mensilità e hanno un contratto da bancari che
adesso la Regione vorrebbe adeguare a quello dei propri dipendenti. Il
governo Crocetta ha previsto a gennaio che Sviluppo Italia sia una
delle sole 11 società che rimarranno in vita al termine di un processo
di riordino che fino a oggi, come rilevato dalla Corte dei Conti, non ha
mosso un passo. «La società - ha spiegato il presidente Volpe - ha
ottenuto la gestione della fase di start up del Piano giovani e da qui
ricaverà 2 milioni e mezzo che permetteranno di bilanciare i costi di
gestione. Inoltre cura l’assistenza tecnica per l’investimento dei fondi
europei all’assessorato alle Attività produttive e al dipartimento
Programmazione. La missione, è il senso della difesa della Volpe, c’è ma
si scontra con norme nazionali che limitano i margini di manovra
costringendo a lavorare a tariffe antieconomiche. E con costi
elevatissimi: il debito verso i fornitori ammonta a un milione e ci
sarebbe anche un mancato versamento al fondo di previdenza complementare
pari a 140 mila euro.Intanto ieri, riferiscono i Cobas, il governo
ha «mostrato la volontà di non privatizzare l’Ast. Un buon auspicio per
il suo rilancio». L’Ast è una delle partecipate dove non si pagano gli
stipendi da aprile.
Di GIACINTO PIPITONE - PALERMO.
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